Esattamente cinquant’anni dopo la première della piéce del 1968 di Mart Crowley, The Boys In The Band torna a calcare il palco del Booth Theatre di Broadway e lo fa in grande stile.
Jim Parsons, Zachary Quinto, Matt Bomer, Andrew Rannells, Tuc Watkins, Brian Hutchison, Charlie Carver, Robin de Jesús e Michael Benjamin Washington ridanno vita ai personaggi creati da Crowley, portando nuovamente in scena una delle pièce che ha dato il suo prezioso contribuito alla storia della cultura pop gay, in un’epoca in cui il solo pronunciare la parola “omosessualità” era considerato quasi un reato.
Il tanto atteso revival, diretto Joe Mantello e co-prodotto da Ryan Murphy, rispolvera le battute di un copione ancora attuale, laddove si intrecciano le storie di nove uomini molti diversi tra loro ma, al contempo, tutti impegnati allo stesso modo nella ricerca della propria identità.
Il pretesto lo offre la festa di compleanno organizzata da Michael (Jim Parsons) in onore dell’amico Harold (Zachary Quinto), in un momento in cui a nove uomini gay (o forse otto?) era proibito festeggiare tutti insieme pubblicamente, senza che una donna fosse presente tra loro.
Lo scenario è l’eccentrico appartamento newyorchese di Michael, che tinge il palco con i toni del rosso e del viola e che tra luci soffuse, arredi geometrici (fortemente influenzati dalla moda dell’epoca) e giochi di specchi rendono il palco del Booth Theatre tridimensionale, dando allo spettatore la sensazione di poter prendere parte in prima persona ai festeggiamenti. Appartamento che è anche, a sua volta, teatro della doccia hot di Donald (Matt Bomer, al suo debutto in quel di Broadway) che, tra una battuta pungente e l’altra, precede la festa e prepara il pubblico a ciò che verrà dopo.
Ed è in un contesto inizialmente goliardico che a poco poco, complice anche l’alcol e l’euforia dei festeggiamenti, vengono fuori le angosce, le frustrazioni, le paure, i desideri, l’amore, la vergogna e la rabbia dei nove uomini presenti in scena.
C’è chi è alla ricerca della propria identità, chi la rinnega, chi vorrebbe gridarla ai quattro venti, chi vorrebbe solo rifugiarsi all’interno di una nicchia sicura e protetta e chi non sa e vive come se non gliene importasse. Tutto è destinato ad evolversi gradualmente nel corso della serata, tra risate, insulti e malinconia, sino a giungere al più alto picco di pathos nella drammaticità dell’abbraccio finale tra i personaggi di Bomer e Parsons (Donald e Michael), sul pavimento dell’appartamento segnato dai festeggiamenti ormai conclusi.
Dopo un mese di anteprime, il cast è pronto a debuttare ufficialmente con una pièce più attuale che mai, senza però dimenticare gli enormi passi avanti che la comunità omosessuale ha compiuto negli ultimi cinquant’anni.
“È facile liquidare la pièce come un’analisi sul disprezzo per sé stessi”, dice Bomer, l’interprete di Donald. “Ma se torniamo al 1968, alla vita pre-Stonewall, si capisce che era un reato addirittura ricevere nel chiuso della propria casa, e uscire e ballare in pubblico: non c’era nessuna via d’uscita per questa omofobia interiorizzata, anche nei riguardi di chi ami. “
“Questo viaggio che sto affrontando riguarda quanto è cambiato e quanto non è cambiato”, aggiunge Washington nell’intervista rilasciata dal cast qualche giorno fa ad Entertainment Weekly.
Insomma, il revival di The Boys In The Band non vuole solo mostrare al mondo la condizione della comunità omosessuale agli inizi degli anni ’70, ma invita a riflettere ancora una volta su come la loro storia si sia evoluta e a quale prezzo.
Se questa estate sarete a New York, e ne avrete l’occasione, non perdetevi questo straordinario spettacolo.
TBITB sarà in scena fino a giorno 11 agosto 2018, al Booth Theatre di New York.